Appello esame.

giugno 24, 2007

Io vorrei sostenere l’esame il 6 luglio.

Bozza di copertina.

giugno 17, 2007

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giugno 17, 2007

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giugno 5, 2007

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Peter Handke

Ne “I colori del giorno” Peter Handke sembra elencare una serie di immagini che i suoi occhi vedono. Dettagliatamente racconta i suoni, i colori dei soggetti ed oggetti che sceglie di “ritrarre”.
“Ritrarre” rende bene l’idea di come l’autore voglia, in un certo senso, “dipingere a parole” tutto quello che i suoi occhi hanno interiorizzato, compiendo in alcuni casi, anche una sorta di miscela di sensazioni.
Non è un libro di scorrevole lettura, appare piuttosto come un testo ove Peter Handke scrive brevi tratti, a volte pure scollegati l’uno dall’altro. È proprio per tale motivo che talvolta l’autore sembra ammirare, ma al tempo stesso ispezionare, un vero e proprio dipinto, dal quale tenta di trarne un senso ed una interpretazione soggettiva.
Ciò che traspare dalle parole del libro non è filosofia od arte, bensì un intreccio di sensazioni, quasi di vissuto dell’autore stesso, che sembra esporre il proprio Io in tale modo.
Il testo sembra tracciare una linea guida di lettura, apparentemente semplice, a volte quasi superficiale e noiosa, data la lunga e minuziosa descrizione di alcuni dettagli; è assai probabile invece che il messaggio, o comunque il senso che l’autore vuole fare percepire al lettore, sia di altra natura: misteriosa, profonda, enigmatica.
In ogni caso, anche se Mont Sainte-Victoire, il monte provenzale, e di conseguenza il pittore Cézanne, svolgono un ruolo determinante per l’intero testo, poiché quasi tutto ruota attorno a loro, non sembrano essere i veri e propri protagonisti, o meglio, leggendo, non si crede possano esserlo.
Sono invece i colori i protagonisti principali degli scenari descritti. I colori si rapportano armoniosamente con tutto ciò che Peter Handke tratta e fungono da attributi perfetti. Forse, in questo modo risulta più semplice e naturale immaginarsi ciò che egli sta descrivendo.
Personalmente, particolarmente significativa, nonché riassuntiva, risulta essere la frase: “E poi lo sapevo: l’intelletto dimentica; la fantasia mai.” (pag. 62).
Infatti, Handke sembra voler comunicare che le parole, i nostri sensi, nient’altro sono che degli strumenti dei quali l’uomo deve farne uso per poter esprimere quello che si coglie dalla realtà esterna: “il biancore della montagna […]”(p.34), “[…]il cielo azzurro cupo” (p. 32), “i pini sempreverdi” (p. 68).
Anche se, come già sopra enunciato, l’autore del libro sembra descrivere quadri perfetti nella loro essenzialità (poiché non sono delle “bozze” ciò che Handke riporta), al tempo stesso, riesce ad offrire un’immagine di essi conservando il passato, senza trascurare il futuro.
È in questo senso che il libro sembra ricondurre ad una sorta di unità-interiorevera e propria.
Un’unità autore-realtà sensibile, se così la si può chiamare, è ciò che caratterizza lo scrittore.
Infatti lo coglie quasi come un dovere, il fatto di dover interiorizzare la realtà sensibile per rapportarsi ad essa come una sola cosa, come un solo fatto. È solo in quel dato istante che Handke trova le parole per poter andare avanti con la stesura del libro. Come egli stesso dice: “Si: questa stradina al tramonto ora mi apparteneva e divenne dicibile.” (p. 46).
Forse, il libro non è nient’altro che un mezzo, una soluzione che Peter Handke sceglie di intraprendere e sfruttare per proporre ed esporre ai suoi lettori la sua intima realtà che, senza dubbio, è difficile da esprimere e far comprendere a chi, magari, non si sente pienamente affine a lui. È per questo motivo che se ci si sofferma ad una prima e frettolosa lettura, priva della dovuta attenzione, le parole proferite sembrano sfuggire; appaiono “vuote”, e forse non abbastanza significative e distanti.

Tutte le citazioni riportate, con le relative pagine, sono state tratte da: P. Handke, Nei colori del giorno, Garzanti, 1985

Maggio 31, 2007

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L’autore di riferimento.

Maggio 27, 2007

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Maggio 22, 2007

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Maggio 22, 2007

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Maggio 22, 2007

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